Smart working in Italia: guida all’uso

Lo smart working, detto anche lavoro agile, è una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

A differenza del telelavoro, quindi, non è una nuova tipologia contrattuale bensì un diverso modo di svolgere il proprio lavoro.

Anche l’Italia, a partire dal 2017, si è dotata di tale strumento di flessibilità in risposta alle nuove necessità che si sono andate a delineare nel mondo del lavoro.

Le aziende hanno un crescente interesse ad incrementare la produttività rendendo il collaboratore sempre più orientato a lavorare per obiettivi e ad una maggiore acquisizione di responsabilità.

Inoltre sono sempre più attente al benessere aziendale cercando di favorire la conciliazione vita lavoro divenuto sempre più strumento di fidelizzazione dei dipendenti e di attrattività verso le nuove risorse.

Partendo da tali presupposti, e visto il continuo evolversi delle tecnologie, lo smart working potrebbe divenire un interessante soluzione che ben si concilia con la nuova visione del mondo del lavoro.


Cos’è lo Smart Working. I benefici

Lo smart working, viene definito dall’art. 18 della Legge n. 81 del 22 maggio 2017, come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.

La norma prevede inoltre che “La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

Dalla lettura della norma si possono quindi evidenziare gli elementi che stanno alla base dello smart working sono dunque:

  • l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato;
  • l’accordo tra le parti;
  • non presenza di vincoli l’orario di lavoro;
  • la libertà di definire il luogo di lavoro;
  • l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;

La modalità lavorativa così congeniata ha la finalità di rendere il lavoro subordinato, più flessibile possibile per andare incontro anche alle esigenze del lavoratore di potersi organizzare liberamente la sua attività lavorativa. Una così fatta impostazione potrebbe determinare benefici:

  • sia per il lavoratore:
    • miglioramento della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
    • risparmio di tempo negli spostamenti;
    • un approccio più positivo (e propositivo) al lavoro;
  • che per l’azienda:
    • incremento della motivazione dei collaboratori
    • aumento della produttività delle imprese (stime parlano anche di un incremento della produttività quantificabile in 13,7 miliardi di euro) ;
    • incremento la competitività e attrattività aziendale;
    • diminuzioni di costi fissi (immobili) e variabili (spese di consumo);

Non vanno infine dimenticati i vantaggi per un terzo soggetto: la comunità. Lo smart working potrebbe infatti smorzare (non risolvere!) anche alcuni problemi che affliggono le nostre città quali traffico, inquinamento, eccessiva urbanizzazione, etc.

Figura 1 – Studio del Politecnico di Milano: smart worker e altri lavoratori a confronto

Smart working, flessibilità win-win per rilanciare la produttività

Immagine tratta da Repubblica.it relativa a ricerca effettuata da Politecnico di Milano

 

Gli elementi dello smart workingcontenuti smart working

L’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato

Presupposto per attivare un contratto di lavoro agile è avere un rapporto di lavoro subordinato.

Lo smart working è uno dei tanti istituti inseriti dal legislatore che tendono a rendere sempre più labile il confine tra lavoro autonomo e quello determinato.

Mentre da un lato, infatti si tende a rendere più incisivo il controllo del committente sul lavoratore autonomo (es. art.2 comma 1, D.lgs. n. 81/2015 che prevede per le collaborazioni vi possa essere quale vi è un controllo del committente in ordine all’organizzazione della prestazione quanto a “tempi e luogo di lavoro”), dall’altra, con il lavoro subordinato agile, il datore di lavoro perde il controllo proprio sui tempi e luoghi di lavoro (ferma restando la conservazione dell’eterodirezione tipica del lavoro subordinato, non rintracciabile nelle collaborazioni ex art. 409 c.p.c.).

2.2 L’accordo

Come recita l’articolo 18 della Legge 81/2017, lo smart working è un accordo tra le parti. L’azienda e lavoratori, al fine di introdurre lo smart working, dovranno quindi procedere a stipulare un contratto che può essere:

  1. collettivo (eventuale)
  2. individuale (obbligatorio)

2.2.1 L’accordo collettivo: il ruolo della contrattazione collettiva

Nella disciplina del lavoro agile in azienda la contrattazione collettiva è un elemento eventuale. Il legislatore affida infatti interamente all’accordo individuale la regolamentazione della prestazione in regime di smart working, senza prevedere necessariamente l’intervento delle parti sociali.

Tuttavia è stata prevista la possibilità di intervento nella disciplina tramite contrattazione collettiva.

Tale eventualità ha trovato un ampio utilizzo nella prassi. Ciò probabilmente è dovuto ad una duplice spinta.

Innanzitutto quella delle organizzazioni sindacali consapevoli della crescente importanza attribuita dai lavoratori, specie quelli appartenenti alle ultime generazione (vedi i cd. millenials), al benessere personale, rintracciabile nel welfare e nella conciliazione tra vita privata e vita lavorativa.

Dall’altra quella datoriale con la volontà di porre sul tavolo delle trattative questioni con un peso negoziale crescente, come appunto il lavoro agile (ed altre forme di flessibilità) che possono divenire un elemento di scambio in una contrattazione di più ampio respiro o in senso più lato un terreno di condivisione e cooperazione con la controparte sindacale.

2.2.2. L’accordo individuale e il regolamento aziendale

Per poter svolgere l’attività lavorativa in modalità smart working, l’azienda deve stipulare con ogni singolo dipendente un accordo scritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, che disciplini l’esecuzione della prestazione svolta all’esterno dei locali aziendali.

E’, inoltre, opportuno che l’impresa rediga un regolamento aziendale ovvero stipuli un accordo sindacale contenente le linee guida del progetto al quale i singoli accordi rimandino.

I contenuti essenziali del regolamento (o dell’accordo) devono prevedere:

  • la durata: l’accordo può essere a termine o a tempo indeterminato. Laddove si preveda senza scadenza, il legislatore stesso ne fissa i termini di preavviso, che non può essere inferiore a trenta giorni (90 giorni nel caso di lavoratori disabili);
  • le categorie di lavoratori che possono svolgere l’attività lavorativa in modalità agile ovvero i criteri oggettivi per individuare coloro che possono avanzare richiesta di partecipazione (distanza casa-lavoro, carichi familiari, dotazione in uso, etc.);
  • il numero di giornate a livello settimanale/mensile/annuale che possono essere svolte in smart working;
  • le modalità di effettuazione della richiesta (preavviso, eventuali giornate escluse, subordinazione all’accettazione del responsabile, etc.);
  • la definizione di eventuali fasce di rintracciabilità e l’indicazione delle modalità di disconnessione;
  • i criteri di scelta del luogo ove la prestazione può essere svolta;
  • l’eventuale strumentazione fornita dal datore per svolgere l’attività lavorativa al di fuori dei locali aziendali;
  • le informazioni relative alla salute e sicurezza;
  • le modalità dell’esercizio del potere di controllo e disciplinare e di controllo dell’azienda;
  • la facoltà di recesso.

2.3 L’orario di lavoro

La normativa recita che nell’accordo non vi siano “precisi vincoli di orario”. Si lascia dunque ampia libertà alle parti contraenti e, tendenzialmente, non verranno imposto alcun orario di lavoro (altrimenti lo strumento sarebbe snaturato).

L’unico vincolo in termini di tempo è che la prestazione lavorativa venga effettuata nei soli limiti previsti dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva.

Tuttavia, all’interno dell’accordo possono essere eventualmente concordate delle fasce di rintracciabilità. Il fine è infatti quello di consentire al datore di lavoro che ha necessità di contattare il lavoratore di avere certezza in una sua tempestiva risposta.

Devono invece essere individuati obbligatoriamente i tempi di riposo e le modalità necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dagli strumenti di lavoro.

Ultima precisazione merita il tema del lavoro straordinario. La norma non prevede specifiche previsioni. Rimane dunque una scelta in capo all’azienda tenendo conto, però che vista la grande flessibilità relativa allo svolgimento della prestazione lavorativa risulterebbe alquanto difficile quantificare le ore di straordinario nonché provarne la reale esigenza/utilità.

2.4. Il luogo di lavoro

La prestazione lavorativa durante lo smart working può essere eseguita senza precisi vincoli di luogo. Può essere quindi realizzata in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali e senza una postazione fissa.

Da qui si evince una delle principali differenze con il telelavoro. Quest’ultimo, infatti, si caratterizza per lo svolgimento dell’attività lavorativa in un luogo fisso e determinato (solitamente il domicilio del dipendente) che diventa la sede di lavoro per i giorni individuati nell’accordo stipulati tra le parti.

Tuttavia è consigliabile fornire al dipendente delle indicazioni utili per la scelta del luogo di lavoro.

Sarebbe infatti utile, dapprima formare il lavoratore su aspetti relativi alla salute e sicurezza (D.Lgs 81/2008) e successivamente inserire nel regolamento/policy/accordo sindacale dei paletti, restringendo anche per motivi di sicurezza e riservatezza la sfera dei luoghi eleggibili.

Ad esempio, l’azienda può delimitare la scelta del lavoratore ai seguenti luoghi:

  • chiusi (esclusione di luoghi pubblici o luoghi aperti al pubblico);
  • silenziosi per garantire una maggiore concentrazione;
  • dotati di una connessione wi-fi protetta e con una determinata potenza.

Diviene dunque rilevante la formazione del dipendente e l’informativa che deve essere consegnata allo stesso annualmente, in modo da responsabilizzarlo ad una scelta consapevole del luogo nel quale svolgere la prestazione lavorativa durante la giornata di lavoro agile.

2.5. L’utilizzo di strumenti informatici

Per lo svolgimento della prestazione lavorativa da remoto il dipendente avrà la necessita di avere con sé una strumentazione tecnologica.

Sotto questo aspetto la norma non prevede un obbligo del datore di lavoro di fornire gli strumenti tecnologici (es. computer portatile e cellulare aziendale) ai dipendenti.

Tuttavia l’art. 18, comma 2 della Legge n. 81/2017 specifica che se il datore di lavoro fornisce la strumentazione “è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.

In questo caso, pertanto, si ravvisa una responsabilità dell’azienda connessa al malfunzionamento e al difetto di sicurezza degli strumenti tecnologici che abbia affidato al lavoratore in smart working.

È consigliabile, infine, fare rimando ad un eventuale regolamento in tema di privacy per la tutela dei dati aziendali trattati attraverso la suddetta strumentazione.

3. L’esercizio dei poteri datoriali sul lavoratore agile

L’art. 21 della Legge 81/2017 prevede che nell’accordo individuale il datore di lavoro debba comunicare le modalità di esercizio sia del potere di controllo che del potere disciplinare.

Per quanto concerne il primo valgono le previsioni dell’art. 4 della Legge 300/700. L’azienda ha facoltà di esercitare il proprio controllo attraverso l’utilizzo delle informazioni desumibili dagli strumenti messi a disposizione del lavoratore a condizione che sia stata data allo stesso un’adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli. Visto il limitato potere direttivo e di controllo del datore di lavoro sul lavoratore, le parti possono individuare anche modalità di esercizio di tale controllo (es. con report periodici o a fine giornata)

Relativamente al potere disciplinare, invece, il regolamento/accordo collettivo e l’accordo individuale possono prevedere quali condotte, relative all’esecuzione della prestazione lavorativa in smart working, diano luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari previste dalla contrattazione collettiva e dalle normative vigenti.

Da precisare che, visto l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa, sarà importante predisporre policy e informative sul trattamento dei dati adeguate per il potenziale controllo a distanza sul lavoratore. È bene ricordare, in questa sede, come il disposto dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/70, comma 2) escluda la necessità di un preventivo accordo in merito agli strumenti dai quali possa derivare un controllo a distanza del lavoratore se gli stessi sono utilizzati rendere la prestazione lavorativa o per la registrazione degli accessi e delle presenze.

 

 

 

 

 

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