Whistleblowing, in arrivo la seconda scadenza

E’ in arrivo la seconda scadenza per adeguarsi alla normativa europea relativa al whistleblowing. Ad inizio anno il legislatore, con il Decreto
legislativo 24 del 10 marzo 2023,  ha recepito la Direttiva UE 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio riguardante la protezione delle persone (whistleblower) che segnalano violazioni del diritto dell’Unione.

Oltre a prevedere i contenuti e gli obblighi per i destinatari, andava a definire anche le tempistiche per l’adeguamento al nuovo quadro:

  • entro il 15 luglio 2023 per tutte le aziende con più di 250 dipendenti;
  • ed entro il il 17 dicembre, per tutte le aziende nel settore privato che abbiano impiegato nell’ultimo anno una media di lavorator subordinati tra i 50 e i 249.

Essendo a ridosso di questa seconda scadenza, andiamo a rivedere in dettaglio che cosa è il whistleblowing, le finalità, i soggetti obbligati e tutelati ed altri dettagli del nuovo quadro normativo.

Cos’è il whistleblowing

Il Whistleblowing è uno strumento aziendale, attraverso il quale dipendenti, fornitori, clienti o collaboratori esterni di un’azienda possono segnalare, in modo riservato e protetto, eventuali illeciti riscontrati durante la propria attività.

Viene definito, quindi, whistleblower (letteralmente “soffiatore di fischietto”) la persona che per il lavoro che svolge nota un comportamento illecito o che danneggia l’interesse comune e lo segnala, informando l’azienda.

Con la nuova normativa si va, appunto, a definire il perimetro entro il quale regolamentare questo tipo di attività fatta dal cosiddetto whistleblower per fornire protezione e sicurezza grazie all’anonimato della segnalazione.

 

Le principali novità del nuovo decreto whistleblowing

Il nostro paese si era già dotato di una disciplina dedicata alla tutela dei whistleblowers, prima nel settore pubblico e, a partire dal 2017, anche per gli enti che operano esclusivamente nel settore del privato.

Quali sono le novità con il decreto di attuazione della nuova normativa?

La prima enorme novità per le aziende private riguarda il passaggio a obbligo (e non più scelta volontaria) di istituire canali di segnalazione interna e di introdurre strumenti approntati alla tutela dei whistleblower.

Un altro aspetto nuovo riguarda l’ampliamento degli illeciti potenzialmente oggetto di segnalazione.

Infatti, se fino ad oggi si faceva riferimento solo alle materie di rilievo squisitamente penalistico (corruzione e frode in primo piano), ora l’oggetto delle segnalazioni si estende a:

  • cattive pratiche che incidono sugli interessi strategici della comunità (privacy, antitrust, ambiente);
  • condotte in violazione di standard etici

Ultimo aspetto, ma non per importanza, il decreto regolamenta anche la possibilità di rendere pubblica la segnalazione, attraverso i mass media o i social nel caso in cui non abbia avuto seguito alle sue segnalazioni per canali interni o esterni. Le segnalazioni infatti, in base al decreto legge 24/2023, possono essere di tre tipologie:

  1. interna
  2. esterna
  3. tramite divulgazione pubblica

Le tipologie di segnalazione devono necessariamente essere utilizzate in modo progressivo, nel senso che il whistleblower può effettuare una segnalazione esterna solo se non ha potuto effettuare una segnalazione interna o se questa non ha avuto esito; e lo stesso può passare alla divulgazione pubblica solo dopo aver effettuato una segnalazione interna ed esterna senza esito.

 

I soggetti obbligati e quelli tutelati dalla nuova legge whistleblowing

La nuova normativa allarga notevolmente i soggetti obbligati a prevedere una procedura finalizzata a raccogliere e gestire le segnalazioni. 
L’obbligo è previsto per:

  1. tutti i soggetti del settore pubblico, compresi i soggetti di proprietà o sotto il controllo di tali soggetti, nonché per i Comuni con più di 10.000 abitanti;
  2. tutte le aziende con più di 250 dipendenti a prescindere dall’adozione o meno di un Modello Organizzativo ex D.lgs. 231/2001. A decorrere dal 15 luglio 2023;
  3. tutte le aziende nel settore privato che abbiano impiegato nell’ultimo anno una media di lavoratori subordinati tra i 50 e i 249, a prescindere dall’adozione o meno di un Modello Organizzativo ex D.lgs. 231/2001. A partire dal 17 dicembre 2023.

Tali soggetti, sia del settore pubblico che del settore privato, devono dotarsi di propri canali di segnalazione che garantiscano la  riservatezza dell’identità del whistleblower e del contenuto della segnalazione, tramite l’applicazione di tecnologie come la crittografia dei dati.

Ma chi può fare la segnalazione? Quali sono dunque i soggetti che possono attivare la procedura, anche in maniera anonima? Anche qui il legislatore amplia notevolmente la platea. L’ambito di applicazione soggettivo delle disposizioni del D.lgs. 24/2023 comprende infatti non solo dipendenti, collaboratori, lavoratori subordinati ma anche a lavoratori autonomi, liberi professionisti ed appartenenti ad altre categorie come volontari, tirocinanti e azionisti 

 

Cosa devono fare le aziende per adeguarsi al decreto

Le aziende interessate dalla nuova normativa dovranno quindi attuare tutti quei processi necessari richiesti dal Decreto, in particolare dovranno:

  1. Implementare appositi canali di segnalazione interni per consentire di inviare segnalazioni scritte (tramite software che prevedono la crittografia dei dati) o orali (in presenza, tramite hotline o un sistema di segreteria);

  2. Individuare il gestore delle segnalazioni (persona o ufficio)

  3. Predisporre relativa procedura che gestisca la segnalazione in conformità alla normativa. Brevemente, un’azienda che riceve una segnalazione whistleblowing ha 7 giorni di tempo per comunicare al whistleblower l’avvenuto recepimento della segnalazione, ed entro 3 mesi deve anche fornire un riscontro sulla stessa, che potrebbe nel frattempo essere stata archiviata oppure soggetta ad ulteriori indagini;
  4. Predisporre misure per la cancellazione dei dati dopo il decorso del termine di conservazione;
  5. Formare adeguatamente tutta la popolazione aziendale sul Decreto e sulle modalità di segnalazione
  6. Definire i KPI per l’efficacia

 

Le sanzioni e il ruolo dell’ANAC

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) diventa l’unico soggetto competente a valutare le segnalazioni e l’eventuale applicazione delle sanzioni amministrative sia per quanto concerne il settore pubblico che quello privato. Di seguito le sanzioni previste per le imprese inadempienti:

  • da 5.000 a 30.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;
    • da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per  l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni oppure che l’adozione di tali procedure non è conforme;
    • da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.

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