Dall’apprendistato professionalizzante all’apprendistato “riqualificante”

Nell’ultimo biennio abbiamo assistito ad una consistente “rivoluzione” del mercato del lavoro dove le novità normative apportate da specifiche riforme, integrate da previsioni contenute nelle annuali leggi di bilancio, hanno ridefinito molti istituti dell’ordinamento giuslavoristico.

Uno degli aspetti che ha maggiormente caratterizzato questa evoluzione è stata la forte incentivazione ad alcune tipologie di assunzione.

Così, la decontribuzione per le assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato introdotta con la L. 190/2014, prorogata, seppure in maniera ridotta con la successive legge di stabilità (L. 208/2015) a tutto il 2016, si andava ad affiancare a nuove (es. Garanzia Giovani) e vecchie agevolazioni (es. assunzioni dipendenti in stato di disoccupazione).

Da gennaio 2017 la situazione è però notevolmente mutata e le aziende hanno visto il venire meno, oltre che della decontribuzione introdotta per il biennio 2015-2016, anche di una delle più gettonate agevolazioni all’assunzione: l’assunzione dei dipendenti in mobilità.



La legge 223/1991, uscita di scena a fine 2016,  agevolava sia le occasioni di impiego con contratto a termine, sia gli inserimenti più stabili nel mondo del lavoro, con assunzioni a tempo indeterminato. A seguito della sua soppressione

  • dal 31 dicembre 2016 i lavoratori non possono più essere collocati in mobilità, in quanto l’iscrizione nelle liste decorrerebbe dal 1° gennaio 2017, giorno successivo alla data di licenziamento;
  • dal 1° gennaio 2017 non possono essere più premiate le assunzioni effettuate con riferimento a soggetti iscritti entro il 31 dicembre 2016, in conseguenza del venir meno delle relative norme incentivanti.

In realtà però vi è ancora una possibilità per poter usufruire di benefici per le assunzioni di dipendenti messi in mobilità prima del 31 dicembre 2016. Trattasi della previsione contenuta nell’art. 47, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015 che consente l’instaurazione dell’apprendistato professionalizzante, senza limiti di età (o “over 29 anni“), per una qualificazione o riqualificazione professionale, anche per i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e percettori della relativa indennità.

Andiamo quindi a vedere in dettaglio, anche alla luce dei chiarimenti contenuti nel Messaggio INPS n. 2243 del 31 Maggio 2017 (cioè quasi due anni dopo) , le principali caratteristiche di questa previsione normativa.

CAMPO DI APPLICAZIONE: l’apprendistato è, ed è sempre stato, in particular modo quello professionalizzante, uno strumento volto a far conseguire una determinate qualifica a giovani che si affacciano nel mondo del lavoro (fino a 29 anni e 364 giorni di età). L’art. 47 c. 4 del D.Lgs 81/2015 prevede invece che “Ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale è possibile assumere in apprendistato professionalizzante, senza limiti di età, i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione“.

In concreto, quindi, i soggetti destinatari di tale previsione sono

  • i lavoratori in mobilità
  • ed i fruitori di un trattamento di disoccupazione quali NASpI, di ASpI o miniASpI o di altri trattamenti settoriali o specifici quali  indennità di disoccupazione edileDis-coll (cioè l’indennità prevista per i collaboratori).

Da evidenziare che l’utilizzo del termine “beneficiari” lascia intendere che siano da far rientrare nella norma tutti coloro che abbiano effettuato richiesta del trattamento, anche se ancora non abbiano iniziato a percepirlo.

CONTENUTI DEL RAPPORTO: L’aver eliminato qualsiasi limite di età ha permesso un ampliamento notevole della platea dei destinatari della norma. D’altro canto, però, ha sollevato alcuni dubbi in merito ai contenuti del rapporto. L’isituto dell’apprendistato professionalizzante, come sopra ricordato, nasce con una finalità: garantire il raggiungimento di una determinate qualifica per un ragazzo che si affaccia al mondo del lavoro. In questo caso, invece, le aziende si troveranno a stipulare contratti di apprendistato con persone con pregresse esperienze lavorative e, caso mai, che saranno assunti per svolgere mansioni che hanno svolto per anni, seppure in altri contesti.

Come comportarsi, quindi, difronte all’inserimento di un magazziniere quando il candidato è un lavoratore 50enne che abbia già svolto precedentemente mansioni simili?

L’art. 47 c. 4 utilizza i termini “qualificazione o riqualificazione“.  E’ quindi possibile utilizzare lo strumento nella sua versione originaria, e cioè per il raggiungimento di un nuova qualifica. Ma non solo. E’ possibile ricorrere all’apprendistato professionalizzante anche per “riqualificare“. Torna qui utile riprendere un vecchio interpello del Ministero del lavoro (8 febbraio 2007) in cui si analizzava il quesito avanzato da  Confindustria in merito all’assunzione in apprendistato di lavoratori che avevano addirittura lavorato presso la stessa azienda (la FIAT) con brevi contratti a termine o di somministrazione. Il dicastero, affermava che era possibile per l’azienda assumere questi lavoratori purché la somma dei periodi di collaborazione non avesse superato metà del periodo formativo e che il datore assicurasse una ulteriore qualificazione legata ad una maggiore conoscenza del contesto lavorativo e ad un concreto ampliamento delle competenze.

Il concetto di riqualificazione permette dunque ad azienda e lavoratore di ricorrere all’utilizzo dell’apprendistato professionalizzante seppure sia necessario porre sempre una particolare attenzione nella stesura del progetto formativo in modo che sia il più coerente possibile con la ratio della norma, nonchè con le singole previsioni dei rispettivi CCNL.

VANTAGGI: il secondo periodo dell’art. 47 c. 4 D,Lgs 81/2015 prevede che per i dipendenti assunti con contratto di apprendistato senza limiti di età  “trovano applicazione, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 42, comma 4, le disposizioni in materia di licenziamenti individuali, nonché, per i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità, il regime contributivo agevolato di cui all’articolo 25, comma 9, della legge n. 223 del 1991, e l’incentivo di cui all’articolo 8, comma 4, della medesima legge“.

Per i lavoratori in mobilità è quindi possibile beneficiare delle agevolazioni previste dalla ormai abrogata norma del ’91 che prevede:

  • un’agevolazione contributiva: l’applicazione della  quota di contribuzione a carico del datore di lavoro , per i primi diciotto mesi, pari a quella prevista per gli apprendisti (art. 25 c. 9 L. 223/91), cioè pari al 10%. Dal 19° mese la contribuzione a carico del datore è piena. Da precisare, inoltre che in caso di “consolidamento” del rapporto al termine del periodo di apprendistato non è prevista alcuna agevolazione contributiva per i dodici mesi successivi, come affermato, chiaramente, dall’art. 47, comma 7.;
  • un incentivo economico: è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore (art. 8 c. 4, L. n. 223/91).

A fronte di tali vantaggi in capo al datore, corrsipondono vantaggi in capo anche al lavoratore. Infatti è prevista la medesima agevolazione contributiva prevista per qualsiasi altro lavoratore con rapporto di apprendistato pari al 5,84% per tutto il periodo di formazione (tre anni che possono giungere fino a cinque nelle qualifiche che fanno riferimento al settore artigiano).

Leggermente diversi sono invece gli incentivi per coloro che sono bneficiari di altri trattamenti di disoccupazione (vedi tabella riassuntiva)

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO: l’art. 42 del D.Lgs n. 81/2015 contenente le Disposizione generale dell’apprendistato prevede, al comma 4, che “al termine del periodo di apprendistato le parti possono recedere dal contratto, ai sensi dell’art. 2118 c.c., con preavviso decorrente dal medesimo termine. Durante il periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato. Se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.

Tale disposizione sulla possibilià di risoluzione viene espressamente derogata dall’art. 47, comma 4 (vedi punto precedente). L’apprendistato stipulato con personale “over 29” non può quindi essere risolto al termine del periodo formativo, dando il preavviso o la relative indennità sostitutiva. Trattasi quindi, in concreto, di un rapporto a tempo indeterminato e che potrà essere risolto solo con l’applicazione della normativa sui licenziamenti (art. 3, D.Lgs n. 23/2015).

Ciò significa che il datore potrà risolvere il rapporto solo nei casi di giustificato motivo oggettivo, soggettivo o per giusta causa. Viceversa il datore incorrerà nei medesimi rischi di un qualsiasi altro licenziamento contenente elementi invalidanti e quindi qualora il giudice dovesse ritenere:

  1. il licenziamento illegittimo (art. 3) in quanto non ricorrono  gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, dopo aver confermato la risoluzione del rapporto alla data del recesso, condannerà il datore di lavoro al pagamento di una indennità commisurata all’ultima retribuzione utile ai fini del Tfr, pari a due mensilità (per ogni anno di anzianità), partendo da una base di 4, fino ad un massimo di 24 mensilità (per i datori dimensionati oltre le 15 unità. Tali valori sono ridotti della metà, con un massimo di 6 mensilità, se l’azienda è di più piccole dimensioni)
  2. il licenziamento nullo (art. 2), in quanto discrimantorio (art. 15 L. 300/70) o  in violazione di tutele espressamente previste dalla legge (es. maternità, matrimonio entro l’anno dalla celebrazione) procederà con reintegra, indennità risarcitoria e possibilità di “opting out” con rinuncia del dipendente al posto, previo pagamento di quindici mensilità.

Ovviamente, anche per il licenziamento degli apprendisti “over 29” è possibile il ricorso all’offerta facoltativa di conciliazione prevista dall’art. 6, D.Lgs. n. 23/2015: essa va avanzata dal datore di lavoro entro i sessanta giorni successivi al recesso (termine perentorio) e se il lavoratore dovesse accoglierla, riceverà, ad accettazione del provvedimento, in una sede protetta (commissione di conciliazione ex art. 410 c.p.c., sede sindacale ex art. 411 c.p.c., commissione di certificazione) una somma, esente da Irpef e con assegno circolare, strettamente correlata  all’anzianità aziendale maturata, pari ad una mensilità all’anno dell’ultima retribuzione utile ai fini del Tfr, partendo da una base di due, fino ad un massimo di diciotto mensilità (limite a cui non si arriva in quanto il periodo formativo non supera i tre anni o i cinque nell’artigianato). Nelle piccole imprese i valori sopra individuati sono ridotti della metà con un tetto fissato a sei mensilità.

Da ultimo, in considerazione anche del considerevole incremento che si avrà dal 2018, si ricorda che il licenziamento dell’apprendista “over 29” comporta un ulteriore onere per il datore di lavoro: il pagamento del “ticket licenziamento” (art. 2, comma 32, legge n. 92/2012) che passerà dai 1.470 € del 2017, pari al 41% del massimale Naspi,  ai 2.940 € pari all’82% del medesimo massimale.

Tabella riassuntiva – campo applicazione e vantaggi

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