Welfare aziendale per il benessere del dipendente….e non solo

Per comprendere l’importanza del welfare aziendale bisogna partire da lontano e dalla constatazione della crisi del welfare state. L’impegno finanziario per sostenere un adeguato stato sociale sta diventando oramai insostenibile, anche alla luce di impegni di spesa vincolanti e delle recenti crisi economiche e finanziarie che si sono susseguita dal 2008 ai giorni nostril.

A farne le spese sono stati dunque settori che tradizionalmente costituiscono il cuore del welfare state: istruzione, sanità, assistenza e previdenza.

In un tale contesto, molte aziende (ma non poi così tante, vedi Rapporto Welfare Index PMI 2017), incentivate anche dal legislatore (vedi, in primis, Legge di stabilità 2016, ma anche le seguenti leggi di stabilità del 2017 e 2018), hanno intrapreso iniziative di welfare personalizzate alle proprie realtà offrendo ai propri dipendenti benefici di vario genere ed in particolare nelle tradizionali aree del welfare state.

Le aziende si stanno quindi sostituendo allo stato divenendo finanziatori di uno stato sociale parallelo? In parte è vero. Finanziare tali iniziative rappresenta infatti il sostenere una sorta di welfare privato in sostituzione di un oramai sempre più sgretolato stato sociale. Le aziende hanno però compreso che tale costo può divenire un’opportunità per modificare le politiche di gestione del capitale umano.

Andremo quindi brevemente ad analizzare:

PERCHE’ PROGETTARE UN PIANO DI WELFARE AZIENDALE

Il welfare aziendale, si sostanzia di fatto, nel prevedere per i dipendenti, oltre alla tradizionale remunerazione monetaria, una gamma di servizi, prestazioni e benefits. Una siffatta policy salariale, specie se impostata con la formula di flexible benefits, garantisce:

  • Da un lato di incrementare la fidelizzazione e la soddisfazione dei propri dipendenti e delle loro famiglie, contribuendo a mitigare la perdita del potere di acquisto delle retribuzioni. Ne consegue, dunque anche un incremento della motivazione e la qualità del lavoro;
  • Dall’altro lato di ridurre i costi per le imprese, che con i piani di welfare riescono a contenere, controllare e ottimizzare i costi delle risorse umane impiegate in quanto non vengono considerati retribuzione e quindi non sono appesantiti da imposizione fiscale e contributiva venendo quindi incentivati dal legislatore mediante l’abbattimento secco del cosiddetto “cuneo fiscale”

Maggiore sarà la capacità del welfare aziendale di intercettare le necessità dei dipendenti, maggiore saranno gli effetti positivi correlati. Ed è per questo che sempre più si sta valorizzando il concetto dei cd. Flexible Benefits. Trattasi di modelli di total reward in cui l’azienda assegna un budget a categorie omogenee di dipendenti e con tale importo, ciascun dipendente sceglie autonomamente la composizione del suo pacchetto benefit (tra quelli proposti dall’azienda), sulla base delle proprie esigenze. Ciò permette di soddisfare la quasi totalità della popolazione aziendale che può decidere liberamente come spendere il proprio budget (chi è single e non ha figli non sarà interessato all’asilo aziendale; chi non pratica sport non darà mai il giusto valore alla palestra aziendale ma potrebbe preferire un altro servizio, etc).

 

VANTAGGI ECONOMICI DI UN WELFARE AZIENDALE

Oltre ai vantaggi gestionali/motivazionali visti in precedenza, la definizione di un welfare aziendale può costituire anche un’opportunità in termini di economici, sia per l’azienda che per il lavoratore.

Vantaggi che hanno avuto ulteriore slancio a seguito dell’approvazione della Legge di Bilancio 2016 (ed in parte con le successive leggi del 2017 e 2018).

Dobbiamo però qui inoltrarci in concetti un po’ più complessi e legati alla normativa fiscale italiana iniziando dalla definizione di reddito imponibile.

 

Reddito di lavoro dipendente e redditi non imponibili

L’art. 51 del Testo Unico sull’Imposte (DPR 916/87) definisce il reddito dipendente come il reddito “….costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono”.

Lo stesso articolo prevedeva poi l’esclusione dalla base imponibile di alcune somme e valori base imponibile quali:

  • Contributi previdenziali e assistenziali obbligatori;
  • Contributi versati alle forme pensionistiche complementari (entro il limite di 5.164,57 €);
  • Contributi di assistenza sanitaria versati ad enti o casse in conformità a contratto o regolamento aziendale (compresi i fondi integrativi);
  • Somministrazione di vitto, tramite mense o prestazioni sostitutive (entro 5,29  o 7,00 €/g) o indennità sostitutive (nei casi consentiti e entro 5,29 €/g);
  • Servizi di trasporto collettivo;
  • Valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti (entro il limite di 2.065,37 €)
  • Beni e servizi complessivamente di importo non superiore a 258,23 €;
  • etc

Il legislatore, al fine appunto di incentivare adozioni di welfare aziendali, ha previsto, andando a modificare l’art. 51 sopracitato con il contenuto delle Leggi di stabilità 2016 e 2017, ulteriori somme che non costituiscono reddito di lavoro dipendente.

 

Le novità delle leggi di stabilità 2016 e 2017

Sono riassumibili nelle seguenti 4 categorie

1 ) Oneri di utilità sociale: è stata modificata la lettera f) dell’art. 51 comma 2, DPR 91/87 nel seguente modo: “L’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’art. 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100”. Quindi, non costituisce reddito, il costo/valore sostenuto dall’azienda a favore del dipendente per

  1. la fruizione de tutti quesi serivizi di utilità sociale (finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto) previsti appunto dall’articolo 100, comma 1 (Art. 100 – Oneri di utilita’ sociale)
  2. e Destinati a tutte le persone per le quali si possono richiedere detrazioni da carico di famiglia (ART 12 – Detrazioni per carichi di famiglia)

Le novità introdotte rispetto alla pregressa disciplina possono essere quindi così sintetizzate:

  • Possibile utilizzo di contratti, accordi o regolamenti aziendal
  • Deduzione senza limite del 5 x mille per le imprese se su base contrattuale.

Da evidenziare che l’art. 1 comma 162 della Legge di stabilità 2017, contenente una disposizione interpretativa, ha chiarito i dubbi sulla nozione di contratto o accordo. Infatti ai chiarisce che rientrano in tale nozione anche le opere ed i servizi riconosciuti dal datore in conformità a disposizioni di contratti di lavoro nazionali o territoriali (oltre che di contratti aziendali) ovvero di accordo interconfederale.

2 ) Spese di istruzione: è stata modificata la lettera f bis) dell’art. 51 comma 2, DPR 91/87 nel seguente modo: “Le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla  generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’art. 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.

Le novità rispetto alla pregressa normativa sono dunque:

  • Inserimento scuola materna (prima si parlava solo di frequenza di asili nido);
  • Inserimento servizi integrativi e di mensa prima non menzionati;
  • Sostituzione delle oramai quasi obsolete colonie climatiche con ludoteche e centri estivi e invernali

3) Assistenza ad anziani: è stata introdotta la lettera f ter) all’elenco dell’art. 51 comma 2, DPR 91/87 che recita “Le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’art. 12”.

In tal caso quindi, si tratta di una novità assoluta e cioè l’esclusione dal reddito di tutte quelle somme e prestazioni per servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti.

4) Assistenza a persone non autosufficienti: con la legge di sbailità 2017 è stata introdotta la lettera f-quater) che recita: “i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall’articolo 2, comma 2, lettera d), numeri 1) e 2), del decreto del Ministro della voro, della salute e delle politiche sociali 27 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2010, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie”.

Anche in tal caso trattasi di completa novità. Detta esenzione, integra quanto stabilito alla precedente lettera f-ter), permettendo di esentare da imposizione fiscale (senza limitazioni) sia la contribuzione versata a fondi e casse sia i premi assicurativi per coprire le prestazioni di cui sopra.

Il premio di risultato come budget per il welfare aziendale

Sulla stessa lunghezza d’onda vi è poi un’altra importante novità indalla Legge di bilancio 2016: la possibilità di convertire i premi detassati in benefit non tassati. Infatti, la legge di stabilità in oggetto (art. 1 commi 182 – 189) riconfermava, come per gli anni pregressi, una detassazione al 10% per i premi di produttività non superiori ai 3.000 €  o ai 4.000 €per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro in base alle disposizioni del DM 25 marzo 2016 (importi innazlati dalla legge di stabilità 2017, prima rispettivamente pari a 2.000 e 2.500 €). Per accedere a tale tassazione agevolata è però necessario il rispetto delle seguenti condizioni/limiti:

  • che il Premio di risultato venga determinato sulla base di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri determinati da DM (Decreto Interministeriali 25 marzo 2016);
  • che il premio venga definito con accordo aziendale o territoriale e che tale accordo sia registrato ai sensi dell’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
  • Che i destinatari abbiano i seguenti requisiti:
    • Siano dipendenti del settore privato (non anche pubbliche amministrazioni);
    • Abbiano avuto nell’anno precedente un reddito inferiore ai 80.000 € (limite inizialmente stabito a 50.000 €, poi innalzato con legge di stabilità 2017)

L’importo così determinato, anziché essere ritirato dal dipendente con una tassazione del 10%, può costituire budget da impiegare nella scelta dei vari servizi costituenti l’eventuale welfare aziendale. In tal caso, appunto, l’importo spendibile dal dipendente sarà equivalente all’importo lordo del premio, senza alcuna decurtazione per la tassazione del 10%.

Esempio numerico dei vantaggi economici

Volendo quantificare i vantaggi economici della scelta dell’adozione di un piano welfare, possiamo presupporre il seguente esempio partendo dai seguenti dati di partenza:

  • L’azienda vuole incrementare la retribuzione di un dipendente di 2.000 € lordi;
  • I contributi a carico del dipendente sono pari a 9,19%
  • La tassazione IRPEF per il dipendente, essendo una somma che si aggiungerà alla sua retribuzione, sarà totalmente tassata al 38%;
  • I costi aggiuntivi per l’azienda (TFR + contributi c/azienda) sono pari a 34%

Volendo confrontare 3 opzioni (Incremento di salario, Premio produttività e Welfare Aziendale) i risultati sono riassunti nel seguente grafico:

CONCLUSIONI

Alla luce dell’analisi condotta, è emerso che il welfare aziendale, nato per incrementare il benessere dei lavoratori, si è evoluto in strumento essenziale per incrementare il vantaggio competitivo delle imprese.

A beneficiare ne sono infatti in primo luogo i dipendenti. Un vantaggio che si conretizza innanzitutto in termini economici: il differente trattamento fiscale rispetto ad un premio o ad un semplice aumento retributivo, permette al dipendente di godere di un incrementi in termini di potere di acquisto (soprattutto in quei settori cruciali e tipici del welfare state). Fondamentale però, affinché si concretizzi tale vantaggio, è che il paniere dei beni/servizi definiti dall’azienda sia il più ampio e flessibile possibile (flexible benefits) in modo da andare incontro alle differenti esigenze dei lavoratori. Per migliorare la sua efficacia, quindi, è necessaria un’approfondita analisi del contesto e delle esigenze dei lavoratori e un corretta formulazione delle offerte.

L’aspetto economico non è però l’unica questione da tenere a mente.  Infatti il welfare influisce anche sul work-life balance del dipendente (che potrebbe essere garantita ad esempio da una maggior flessibilità di entrata e uscita dal lavoro dal morale o, semplicemente, da un miglioramento dello stesso clima dell’ambiente lavorativo.

Discorso simmetrico può essere fatto per l’azienda. L’implementazione di un piano di welfare state, potrà garantire i vantaggi derivati dall’engagement e dall’employer branding, sfruttando le sue politiche di assistenza integrativa per attirare talenti e limitare il turnover. Inoltre, una migliore work-life balance non potrà che tradursi in un incremento motivazionale del lavoratore.

E tutto ciò a costi non trascurabili ma sicuramente inferiori a quelli che emergerebbero dall’utilizzo di altre leve gestionali, come l’incremento salariale.

Il welfare costituisce, dunque un’opportunità anche per l’azienda. Ancor più per chi, come il sottoscritto, condivide l’idea olivettiana del ruolo socio-culturale dell’azienda dove “La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica…”.

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